Associazione dei Salesiani Cooperatori

Regione Italia - Medio Oriente - Malta

COVID E SCUOLA: REALTA’ E PROSPETTIVE PER I NOSTRI RAGAZZI 

Il binomio Covid e Scuola, ormai noto alle cronache e, ancor più, alla quotidianità di numerose famiglie, giunge, proprio in questi giorni, al suo primo compleanno. 

Ad un anno di distanza e facendo un generico quanto …istintivo “bilancio” della situazione, si può dire che…non c’è molto da festeggiare. Da…salesiana, però, preferisco iniziare la riflessione, che condivido in queste righe, con il “buono che c’è”.

Sono state messe in campo competenze e risorse, qualcosa è stato fatto nell’arco di un anno complesso come questo, molto di più ci si sarebbe aspettati ma si è tentata ogni strada e ci si è adeguati, pur con fatica, ad ogni cambiamento necessario.

Ma per comprendere bisogna fare un …rewind. Riassunto delle puntate precedenti, raccontante da un’insegnante, una delle tante e dei tanti, che ha lavorato …sul posto, anzi…i ragazzi direbbero “sul pezzo”.

Dall’inizio della pandemia, che ha travolto, come un treno in corsa, un paese inevitabilmente impreparato, benché su questo “inevitabilmente” forse sarebbe il caso di usare il beneficio del dubbio, ancora il mondo della scuola deve fare i conti non solo con il virus ma, al tempo stesso, con le dinamiche organizzative, logistiche e didattiche, le conseguenze di un cambiamento radicale delle modalità di insegnamento/apprendimento e delle relazioni, tutti fattori che incidono fortemente su delle persone in particolare. I giovani.

Ma per fare il punto in modo chiaro, bisogna ripercorrere, almeno in sintesi, i mesi di look down dello scorso anno, e la didattica a distanza (DAD): esperienza pesantissima che ha logorato alunni ed insegnanti.

Il mondo dell’Istruzione italiana non possedeva le competenze digitali per poter fornire, nel momento dell’emergenza, un servizio soddisfacente, spesso neppure un servizio.

Poco per volta, però, si è messo in moto il corpo docente, così bistrattato nel nostro paese ma, in generale, mosso invece dall’autentico desiderio di formare le nuove generazioni e di mantenere un contatto con i loro studenti e le famiglie nel momento più difficile dell’isolamento. Qui prima, là dopo, la famosa DAD è partita, in Italia a macchia di leopardo, tra mille difficoltà di ogni genere e tipo. Solo dopo, quasi a rimorchio, sono intervenute le istituzioni.

E, con il passare dei mesi ed il sole che splendeva fuori dalle finestre, è arrivato il logoramento. Dei docenti, costretti ad una mole di lavoro ed autoformazione continua e particolarmente stressante, dei ragazzi perché il Covid e la DAD non hanno che fatto emergere, con una chiarezza disarmante, disparità, contraddizioni, ineguaglianze in un contesto nazionale assolutamente disomogeneo per organizzazione e risorse disponibili, finendo per accentuare situazioni di grande disagio presenti già prima della pandemia.

Con il mio sguardo, che, spesso, si è posato su ogni angolo della Casa di Valdocco, ho spesso riflettuto, in quei giorni come ancora oggi, sul fatto che i tanti problemi e le carenze dei ragazzi che Don Bosco accoglieva, erano diversi rispetto a quelli dei giovani di oggi ma egualmente urgenti, evidenti. Mi interpellano. Ci interpellano in qualità di adulti, genitori, educatori, insegnanti…

Con il passare dei mesi, tra gli studenti, soprattutto gli adolescenti, si sono amplificate ansie e paure, alcuni ragazzi hanno vissuto il lutto di parenti morti per Covid e la bombardante informazione che gli adulti, i nonni in particolare, si ammalavano e morivano per l’imprudenza dei ragazzi, ha scatenato sensi di colpa e reazioni emotive di tanti tipi. I docenti hanno gestito apprendimenti ma, ancor di più, anime turbate e ferite attraverso uno schermo. Un’impresa…titanica, con pochi mezzi a disposizione (quante connessioni cadute, tablet e pc promessi e mai forniti …) ma tanto cuore … Del resto…  ”L’educazione è cosa di cuore….”….e con il cuore, soprattutto, cuore e duro lavoro, abbiamo cercato di rimuovere quegli ostacoli al diritto all’istruzione come indica chiaramente anche la nostra Costituzione. Forse, però, ci siamo dati da fare più noi che le Istituzioni.

Ed anche questo ha suscitato in me e in tanti altri, numerose domande: quale valore ricoprono, in Italia, scuola, cultura, istruzione? Ad esempio.

Quali scelte politiche e, di conseguenza economiche, sono state fatte per valorizzare l’importanza della scuola non solo come “luogo” di apprendimento ma fucina di crescita umana, di relazioni, di formazione globale della persona?

Lascio le domande aperte… Credo che ogni “onesto cittadino” possa fare le proprie valutazioni e dare la sua risposta mentre io mi limito a condividere la mia esperienza di insegnante.

Il primo lock down, perciò, ha fatto emergere disparità e disomogeneità, ha ingigantito il divario tra famiglie abbienti e disagiate, ha aggravato anche altri problemi che si consumano all’interno delle mura domestiche, come i maltrattamenti, di cui diversi dei nostri ragazzi sono vittime sempre, ancora di più in questo tempo in cui, per mille ragioni, è stato carente il supporto dei servizi sociali anche laddove sarebbe stato assolutamente necessario.

E’ subentrata la noia, nemica mortale di ogni entusiasmo e passione, abbiamo iniziato a perdere i più fragili, molti disabili hanno vissuto l’esclusione perché, se non c’era un adulto disponibile a casa con loro, non erano in grado di usare il tablet, il pc …

In questa deriva di giovani accasciati sui divani e letteralmente attaccati ai social, ho visto scomparire la luce dagli occhi dei miei alunni, ogni desiderio di fare qualcosa: stava svanendo la capacità di sognare …Così ho scritto un racconto per ragazzi, in uscita a breve, “IL LADRO DI SOGNI”, proprio perché giovani senza sogni sono persone a cui viene negato il futuro, strappata via la speranza, rubata da un subdolo ladro…E, mentre scrivevo il mio libro,  inventavo con i colleghi attività assolutamente alternative, creative, originali che risvegliassero gli interessi dei ragazzi, per cercare di coinvolgerli, di non perderli ..o di recuperarli, pecore smarrite dentro le mura di casa o in balia dei social…

Quando, finalmente, la fase critica era superata, seppur momentaneamente, e si poteva riprendere ad uscire, ci siamo ritrovati davanti a degli adolescenti che non volevano più andare fuori, varcare la soglia di casa. Gli esperti l’hanno definita “La sindrome della capanna”, per noi è stata una delle tante conseguenze di un vissuto problematico e faticoso e delle tante carenze che si sarebbero dovute colmare, considerandole prioritarie, nonostante l’emergenza sanitaria e tutte le altre urgenze.

Settembre. Rientro a scuola in presenza. Nonostante le norme di contenimento anticovid, un sollievo per tutti: non c’era più uno schermo a dividerci: si cerca di guardare sempre “il buono che c’è”, nonostante tutti i problemi. Si ricomincia anche con la carenza di organico e tutta una lunga serie di piccole e grandi difficoltà che sarebbe troppo lungo elencare.

Noi e la DID, didattica integrata a distanza cioè la speranza di doverla usare solo in caso di necessità.

Purtroppo la necessità bussa, quasi subito, alle porte delle aule ed inizia un’organizzazione così elastica e tattica che neppure Napoleone, nelle sue migliori strategie militari, avrebbe saputo pianificare meglio.

Si alternano le classi in quarantena o i singoli in quarantena. Ci confrontiamo quotidianamente con normative in continuo cambiamento, impariamo a convivere con il Covid, ampliamo tutti persino il nostro bagaglio linguistico.

Alla parola “positivo” sale il livello d’allerta al massimo ma, già alla misurazione delle temperature di noi docenti, basta un 37° per essere in tensione e ci sono anche i “contagi di contagi”, la “quarantena”, le autocerficazioni, i cui moduli cambiano in continuazione, la stanza di isolamento Covid, i genitori che devono venire a prendere i ragazzi indisposti ma che, spesso, non riescono ad arrivare…

Facciamo lezione in presenza, con la finestra aperta ed il piumino addosso quando arriva il freddo, oppure fa lezione l’insegnante in una classe vuota, a tu per tu con il pc. Altra opzione la “lezione mista” ovvero lezione in presenza a cui si aggiungono gli alunni che seguono, in DDI appunto, da casa… C’è solo l’imbarazzo della scelta: abbiamo tentato tutte le…combinazioni possibili, anzi inventiamo ogni giorno vie percorribili perché la scuola non smarrisca del tutto la sua identità ed il suo ruolo istituzionale e, soprattutto, non lasci indietro nessuno.

Eppure, un anno dopo, nonostante tutto l’impegno del prendersi cura che abbiamo profuso, vediamo aumentare, nei ragazzi, i disturbi psicosomatici, le crisi di ansia e panico, un incremento preoccupante dei casi di bullismo, un atteggiamento di vittimismo, la resa di chi non si aspetta più nulla dal futuro.

E continuiamo a cercare, a lavorare, a lottare per far emergere “il buono che c’è”.

E continuiamo a chiedere che la scuola diventi una priorità per le Istituzioni perché un paese che non cura i giovani, si preclude ogni possibilità di crescita e di futuro.

Mentre non ci stanchiamo di far risuonare le nostre voci, nonostante le due mascherine che usiamo in classe, ci sentiamo circondati da un assordante silenzio perché non basta parlare di scuola, bisogna fare, avere il coraggio di distinguere tra un “parcheggio” per i ragazzi e il luogo della formazione umana e culturale.

Bisogna osare. Essere i primi noi a saper sognare ciò che, adesso, sembra ancora impossibile realizzare. E poi non stancarsi di essere attenti, di far sentire la nostra voce a chi deve prendere decisioni ed emettere normative.

Le nuove generazioni, a cui passeremo il testimone del futuro, ci chiederanno conto di ciò che abbiamo e non abbiamo fatto.

Quello sarà, per noi, per tutti, il tempo delle risposte.

Personalmente vorrei poter rispondere che mi sono assunta le mie responsabilità ed ho cercato di trovare e donare tutto “il buono che c’è”.

di Federica Storace