Era il 1975, tutto il mondo salesiano festeggiava il centenario della prima spedizione missionaria realizzata da don Bosco. L’Associazione dei Salesiani Cooperatori d’Italia stava già proponendo campi estivi di lavoro e di animazione cristiana: a Montalto e Longano (Isernia), a Gallicianò (Reggio Calabria), a Gressoney (Aosta), a Codigoro (Ferrara), a Palma di Montechiaro (Agrigento), a Biancavilla (Catania) ma, a conclusione del centenario della prima spedizione missionaria salesiana, i giovani Cooperatori furono invitati ad avere un po’ più di coraggio per affrontare in modalità “internazionale” l’esperienza missionaria. Per affrontare il discorso di una loro presenza nelle missioni vennero proposte Giornate di studio sul tema: “Cooperatori Salesiani Missionari”.
Si trattava di analizzare sia proposte di gemellaggi con missioni all’estero, sia l’attuazione di microrealizzazioni in zone di missione con lo scopo parallelo di diffondere lo spirito missionario nei Centri locali.
Alcuni Cooperatori stavano già lavorando per raccogliere denaro per la fondazione di un Centro di formazione per futuri leaders della gente Shuar, in Ecuador.
Il Consiglio Nazionale, con il coordinatore Paolo Santoni e il delegato don Armando Buttarelli, esaminarono, tra le altre, la richiesta di un’esperienza missionaria laicale a Trelew in Argentina.
Trelew, città della Patagonia, era in forte espansione. Tante persone arrivavano dai paesi vicini, soprattutto dalla campagna incolta e inospitale, attratte dall’illusione di un lavoro sicuro e di un benessere facile. Tutto questo però rimaneva un’illusione.
La gente giungeva in città senza niente e doveva sistemarsi in baracche di fortuna nella periferia; si sviluppava così un agglomerato di baracche di cartone o di lamiera che via via cresceva e formava i cosiddetti “barrios”, quartieri privi di ogni tipo di servizio. In questo contesto attecchivano e crescevano povertà materiale e spirituale, delinquenza, prostituzione e degrado; molti bambini e ragazzi vivevano al limite della legalità.
In quel periodo è stato proprio il salesiano don Lucio Sabatti, parroco di Trelew, a proporre al nostro Consiglio nazionale dei Salesiani Cooperatori di farsi carico di uno dei centri comunitari, punto di ritrovo e di aggregazione nei quartieri più poveri della periferia della città. I volontari avrebbero dovuto organizzare un oratorio per i tanti ragazzi, coinvolgendo le loro famiglie in un cammino di formazione cristiana e sociale. Il 7 novembre 1976 Bernardino Proietti da Cannara (Perugia) e Romano Ridolfi da Corchiano (Viterbo) ricevettero il crocifisso dalle mani del Rettor Maggiore, don Luigi Ricceri, e partirono per dare il via al nuovo progetto missionario dell’Associazione.
Arrivarono a Trelew e furono destinati al Centro comunitario nel quartiere di Barrio Norte dove un container era il solo ambiente disponibile per le varie iniziative. In breve tempo, grazie al supporto economico dell’Associazione di tutta Italia, si sono potuti costruire dei saloni e dei locali adatti per le varie proposte educative.Col tempo altri Salesiani Cooperatori aderirono al progetto Trelew. L’anno successivo Daniela Beretta da Lecco (Como) raggiunse i primi due missionari laici e nel 1979 Oliviero Zoli da Gardone Val Trompia (Brescia) e Giuseppe Belardo da Cesano Maderno (Monza Brianza) presero il posto di Bernardino e Romano dopo il loro rientro in Italia.Il progetto Trelew è durato dieci anni e ha visto coinvolti altri Cooperatori: Rosa Ottaviano da Fresagrandinaria (Chieti), Olimpia De Gennaro da Molfetta (Bari), Maria Concetta Firrincieli da Ragusa, Marco Todeschi da Rovereto (Trento) e Tiziana Farina da Roma. Nel tempo, ai Cooperatori partiti dall’Italia si sono uniti per collaborare e portare avanti il progetto alcuni giovani e Cooperatori del luogo. I Salesiani Cooperatori missionari che hanno vissuto questa esperienza hanno dedicando chi due, chi tre, chi cinque anni. Qualcuno poi si è fermato definitivamente in Argentina.
Loro obiettivo era stare con i ragazzi più poveri, soli, emarginati, quelli più a rischio per poi arrivare anche alle loro famiglie. Questo significava imparare subito la lingua del “castigiano”, per poi parlare loro di don Bosco, insegnare il catechismo, animare le celebrazioni, organizzare i giochi intervallati dalla distribuzione della merenda che spesso, per alcuni ragazzini, era l’unico pasto della giornata. Nel Centro comunitario venivano proposti anche dei “talleres”, cioè piccoli laboratori di cucito, fotografia, musica, recitazione… che in seguito per alcuni ragazzi sono diventate opportunità di lavoro.
C’è da dire che le varie attività pastorali venivano realizzate in stretta collaborazione con i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice di Trelew, e i Cooperatori stessi accompagnavano i padri missionari nei villaggi degli indigeni per incontrare altri ragazzi e portare loro il messaggio di Gesù con lo stile di Don Bosco.
Il “ progetto Trelew” ha visto coinvolta tutta l’Associazione dei Cooperatori Salesiani dell’Italia. Infatti con il motto “Qui e là insieme missionari” anche i Cooperatori italiani erano partecipi del progetto: sostenevano i missionari con costanti comunicazioni epistolari, con preghiere e con raccolte di fondi. In particolare il 7 novembre, “El dia de Trelew“, i Cooperatori erano invitati a offrire l’intera giornata di lavoro per il progetto missionario.
A Trelew, a conclusione del progetto, alcuni ragazzi del Centro comunitario che hanno vissuto in prima persona con i “tanos” (così erano soliti chiamare i giovani italiani), hanno cercato di portare avanti, a modo loro e con le loro forze, il messaggio ricevuto.
Attualmente questi primi ragazzi, ora adulti, hanno un lavoro, una casa, hanno formato una famiglia, sono genitori, hanno dato un’educazione ai loro figli, li hanno seguiti nello studio, sono impegnati nel sociale e nelle parrocchie e continuano in collaborazione con i Salesiani alcune attività proposte allora dai Cooperatori.
I Cooperatori che hanno vissuto direttamente l’esperienza missionaria a Trelew si sono tenuti in contatto tra loro, hanno avuto modo di incontrarsi più volte, di riabbracciarsi, di raccontare e rivivere i momenti trascorsi in missione. E naturalmente in questa avventura hanno coinvolto mogli, mariti e i loro figli.
Sono stati momenti di gioia e commozione ritrovarsi per festeggiare la celebrazione dei vari matrimoni o per salutare amici che venivano da Trelew o che tornavano in Patagonia per brevi vacanze.
Non sono mancati momenti di tristezza quando hanno partecipato al funerale di Daniela Beretta volata in cielo il 12 maggio 2002 o quando hanno salutato per l’ultima volta padre Lucio Sabatti, ora sepolto nel cimitero del paese natio a Magno di Gardone Val Trompia (Brescia) o quando hanno partecipato al dolore per l’improvvisa scomparsa di Giuseppe Belardo a Trelew il 16 giugno 2023 e sepolto nel cimitero di un villaggio indigeno come da lui desiderato.
Possiamo dire che l’esperienza di Trelew non è finita ma rimane viva nei cuori e nelle scelte di vita quotidiana di quanti l’hanno vissuta o condivisa con modalità diverse.
Grazie a tutti coloro che hanno manifestato vicinanza a questo progetto che ha segnato una via di salesianità per tutta l’Associazione. Siamo fiduciosi che possa ripetersi in un futuro non lontano.
di Oliviero Zoli
fonte: ASSOCIAZIONE MONDIALE SSCC