Celebrare la memoria di un Santo, soprattutto a quattro secoli di distanza dal periodo storico in cui è vissuto, non è solo un atto commemorativo e devozionale, ma molto di più. Anzitutto non è una mera operazione archeologica, in cui si riapre un album di memorie di un antico passato, o di pie raccomandazioni di un tempo che fu. Celebrare la memoria di un Santo è invece sempre un’occasione per entrare in contatto con l’azione dello Spirito Santo che ha trovato piena condiscendenza nella volontà e nella libertà di un essere umano. E quando ogni uomo permette allo Spirito Santo di agire attraverso le proprie parole o i propri gesti, l’eco della sua testimonianza continua nel tempo, attraversa i secoli e rimane sempre feconda, ispiratrice di altri uomini e donne a noi contemporanei.
Che il vissuto di San Francesco di Sales, conservi un grande valore e un profondo insegnamento per questo tempo, il Papa Francesco lo dimostra sufficientemente nella lettera apostolica Totum Amoris Est (cf. articolo precedente). In essa riconosce a più riprese che il Santo Vescovo di Ginevra è stato protagonista di un cambiamento d’epoca ed è riuscito per un dono di Dio e per la sua natura, a comprenderlo, ad interpretarlo e ad annunciare il Vangelo in un mondo in rapida transizione, divenendo “guida delle anime in un tempo che, in modo nuovo, ha sete di Dio”. Il Pontefice riconosce che la Chiesa sta vivendo un nuovo cambiamento d’epoca che la invita a non essere autoreferenziale, ma libera da ogni mondanità e capace di abitare il mondo, di condividere la vita della gente, di camminare insieme, di ascoltare e accogliere. E per affrontare le sfide di questo cambiamento invita a seguire le “scelte cruciali” di San Francesco di Sales, ovvero alcune indicazioni che, maturate nella sua profonda esperienza spirituale e umana, consentono di ritrovare un legame d’amore con Dio (che egli chiama Devozione) più fecondo e più completo all’interno del proprio stato di vita, nella Vocazione a cui ognuno è stato chiamato da Dio.
Anche se sintetizzare il pensiero e lo stile di San Francesco di Sales, risulta sempre un procedimento da compiersi a malincuore, perché deturpa l’armoniosità della sua prosa e la profondità dei suoi insegnamenti, qui si predilige soffermarsi un particolar modo su tre aspetti che costituiscono la struttura portante della spiritualità salesiana e che al contempo rimangono sempre attuali per il cammino di fede di uomini e donne di ogni tempo.
1. Il Dio del cuore umano
Per Francesco di Sales l’uomo è naturalmente inclinato a Dio. Creato a sua immagine e somiglianza, tra il Creatore e la Creatura c’è un doppio legame che li unisce indissolubilmente. Da un lato quello dell’infinita sproporzione tra divino e umano che, lungi dall’essere motivo di separazione, è causa di una tensione reciproca di uno verso l’Altro che protende all’unione. Dall’altro vi è il legame della reciproca somiglianza per cui l’uomo porta impresso in sé, nel suo cuore, un principio divino che sollecita tutte le facoltà dell’uomo a trovare solo in Dio autentica pienezza. Dio è perciò il Dio del cuore umano, è il suo principio e fondamento, ma è anche il suo autentico compimento. Dio è il bene che la volontà desidera, è la verità che l’intelligenza cerca, è l’amore di cui i sensi e il cuore umano hanno bisogno. L’esperienza di Dio suscita nel cuore dell’uomo una dolce emozione che lo attrae verso Dio. «L’esperienza di Dio è un’evidenza del cuore umano. Essa non è una costruzione mentale, piuttosto è un riconoscimento pieno di stupore e di gratitudine, conseguente alla manifestazione di Dio», evidenzia Papa Francesco.
2. La vera devozione
Affinchè questa relazione inscritta nel cuore umano possa crescere e giungere ad una piena unione con Dio, è importante che ciascuno nella vocazione a cui è chiamato viva la “Vera devozione”. La devozione è un vero amore per Dio, non genericamente inteso, ma concreto. È «una sorta di agilità e vivacità spirituale per mezzo della quale la carità agisce in noi o, se vogliamo, noi agiamo per mezzo suo, con prontezza e affetto». Essa si distingue dalla falsa devozione di chi, pur praticando digiuni e preghiere ed elemosine, ha nel cuore rancore, calunnia e parla male del prossimo usando parole cattive e arroganti, non perdona i nemici o è attaccato al denaro. Il Pontefice ammette che « Sono evidentemente vizi e fatiche di sempre, anche di oggi, per cui il Santo conclude: «Tutta questa brava gente, dall’opinione comune è considerata devota, ma non lo è per niente».
3. Gioia della fede ed estasi della vita
Quando la devozione è vera, l’amore per Dio diviene visibile in ogni dimensione della vita e della quotidianità. Il Vescovo di Ginevra perla di estasi della vita quando «non viviamo soltanto una vita civile, onesta e cristiana, ma una vita sovrumana, spirituale, devota ed estatica, ossia una vita che in ogni caso è fuori e al di sopra della nostra condizione naturale», è una vita in cui agiamo per grazia di Dio al di sopra di quello che umanamente sarebbe possibile con le sole nostre forze e capacità. Per papa Francesco è una vita che testimonia la gioia della fede e che manifesta «l’eccesso felice della vita cristiana, lanciata oltre la mediocrità della mera osservanza. Francesco di Sales chiarisce infatti che « Non rubare, non mentire, non commettere lussuria, pregare Dio, non giurare invano, amare e onorare il padre, non uccidere, è vivere secondo la ragione naturale dell’uomo; ma abbandonare tutti i nostri beni, amare la povertà, chiamarla e ritenerla una deliziosa padrona, considerare gli obbrobri, il disprezzo, le abiezioni, le persecuzioni, i martiri come felicità e beatitudini, mantenersi nei limiti di un’assoluta castità, e infine vivere nel mondo e in questa vita mortale contro tutte le opinioni e le massime del mondo e contro la corrente del fiume di questa vita, con abituale rassegnazione, rinuncia e abnegazione di noi stessi, non è vivere secondo la natura umana, ma al di sopra di essa; non è vivere in noi, ma fuori di noi e al di sopra di noi: e siccome nessuno può uscire in questo modo al di sopra di se stesso se non l’attira l’eterno Padre, ne consegue che tale modo di vivere deve essere un rapimento continuo e un’estasi perpetua d’azione e di operazione».
Sarebbe sufficiente meditare su questi tre pilastri della spiritualità Salesiana per comprendere ancora tutta la sua attualità e la sua profondità anche per i cristiani del XXI secolo.
Di don Vincenzo Marinelli,
autore del saggio Francesco di Sales comunicatore (2021)