La memoria di San Francesco di Sales permette anche di riscoprire in lui un’altra caratteristica che lo rende di grande attualità per la Chiesa e per l’umanità. La società in cui viviamo infatti è spesso definita come società dell’informazione. Qualunque cosa facciamo è sempre soggetta ad una raccolta dei nostri dati, delle nostre informazioni personali.
Tutte le nostre azioni vengono così profilate e analizzate in modo da generare predizioni comportamentali basate sui nostri interessi o i nostri bisogni. Le stesse relazioni oggi vengono sempre più affidate ad algoritmi intelligenti che ci mostrano profili e persone affini alle nostre preferenze, ai nostri studi, ai nostri hobby. La stessa comunicazione va sempre più semplificandosi e appiattendosi alla stregua di trasmissione di informazioni, che viaggiano alla velocità della luce. Il ritmo frenetico con cui le notizie si aggiornano di ora in ora rende impossibile seguirne il passo e, anche gli eventi più drammatici o struggenti, non fanno più audience dopo pochi giorni. In questo contesto oggettivamente diverso dal XVI secolo in cui è vissuto il Vescovo di Ginevra, è spontaneo domandarsi in che modo il suo esempio e i suoi insegnamenti possono risultare attuali. L’interrogativo poi si fa accresce se si considera che egli gode del titolo di Patrono degli scrittori cattolici, conferitogli da Pio XI nel 1923.
Per cominciare a fugare ogni perplessità sarebbe utile rimandare alle numerose attribuzioni che i testimoni a lui contemporanei, i biografi e gli studiosi e, non per ultimo, lo stesso magistero dei pontefici, hanno lasciato sulla sua capacità comunicativa e dialogica. Recentemente, nella lettera apostolica Totum amoris est, anche papa Francesco ha sottolineato l’immenso influsso del suo ministero episcopale sull’Europa dell’epoca e dei secoli successivi e, riprendendo quanto già espresso da Benedetto XVI nella catechesi del mercoledì su Francesco di Sales, riconosce che egli «è apostolo, predicatore, scrittore, uomo d’azione e di preghiera; impegnato a realizzare gli ideali del Concilio di Trento; coinvolto nella controversia e nel dialogo con i protestanti, sperimentando sempre più, al di là del necessario confronto teologico, l’efficacia della relazione personale e della carità; incaricato di missioni diplomatiche a livello europeo, e di compiti sociali di mediazione e di riconciliazione». Insomma un comunicatore poliedrico, competente e soprattutto capace di cercare il dialogo anche nei contesti più difficili e controversi.
Quanto vorrei sottolineare in questo contesto è che attraverso San Francesco di Sales si riscopre anzitutto qual è il vero volto della comunicazione umana. E, attraverso la sua profondità spirituale, si apprende che la comunicazione è un riflesso della comunione d’amore che noi abbiamo con Dio. La comunicazione è realmente umana e rispettosa dell’altro non perché segue delle regole stilistiche o dei metodi di comunicazione efficace, ma quando è capace di generare legami di prossimità, di comunione reciproca. Le diverse tecniche comunicative, elaborate dalle differenti scienze della comunicazione e che riguardano la produzione testuale, o orale o multimediale dei contenuti da comunicare, certamente possono essere d’aiuto a realizzare meglio questa finalità intrinseca nella comunicazione umana, ma essa si fa chiaramente visibile quando si rilegge la comunicazione umana alla luce del vangelo. Alla teologia della comunicazione spetta il compito di sviluppare in modo più chiaro il fine di questa potente facoltà che Dio ha donato all’uomo e che lo rende unico nell’universo dei viventi e, allo stesso tempo, la teologia della comunicazione ha il dovere di indicare i principi operativi e morali che permettano di esercitare tutte le facoltà comunicative umane in modo dignitoso per l’uomo stesso, e divenire un riflesso della comunicazione d’amore tra le tre persone divine.
Francesco di Sales insegna che «le nostre parole devono essere infiammate non per le grida o i gesti smisurati, ma per l’affetto interiore, devono uscire dal cuore più che dalla bocca. Si ha un bel dire, ma il cuore parla al cuore, mentre la lingua non parla che alle orecchie». Avvicinandosi allo stile comunicativo salesiano è possibile apprendere tra le altre cose: in che modo correggere gli altri, in quali contesti e con quali atteggiamenti. Si impara inoltre che anche nel modo di vestire possiamo comunicare la nostra fede. Si scopre la maniera in cui non è opportuno parlare di Dio, i criteri con cui gestire la comunicazione con gli altri, e perché è bene evitare maldicenze, chiacchiere, giudizi, menzogne, e ogni genere di oscenità di cui il linguaggio umano può essere impregnato. Francesco di Sales è dunque attuale perché egli ci educa a non appiattire la comunicazione ad una mera informazione, ma a ricercarne il suo aspetto più vero, quello umano e divino insieme. Egli insegna che è la carità la regola generale per disciplinare la propria comunicazione e, aderendo fedelmente ad essa, si apprende ad ascoltare e ad avvicinare l’altro anche quando ha idee diametralmente opposte dalle nostre.
di don Vincenzo Marinelli,
autore del saggio Francesco di Sales comunicatore (2021)