Ella è cosa forse o poco o nulla o non abbastanza osservata che la speranza è una passione, un modo di essere, così inerente e inseparabile dal sentimento della vita, cioè dalla vita propriamente detta, come il pensiero, e come l’amor di se stesso, e il desiderio del proprio bene. […]
Noi speriamo sempre e in ciascun momento della nostra vita. Ogni momento è un pensiero, e così ogni momento è in certo modo un atto di desiderio, e altresì un atto di speranza […] (Bologna, 18 ottobre 1825
(Zibaldone, Giacomo Leopardi)
Sussiste una forza potente che permea la vita di ognuno di noi e che silente, a volte inosservata, influenza parte delle nostre decisioni e comportamenti. È la speranza, passione connaturata all’essere umano, facendo riferimento alla puntuale definizione che ne fa Leopardi. “Io vivo, dunque io spero” è infatti il sillogismo che il poeta formula in aggiunta al passo citato. Essa per quanto sia stata spesso idealizzata, personificata, rappresentata nella storia dell’arte e nella letteratura, è quanto mai concreta e viva. È proprio nei momenti di difficoltà e di scoramento infatti che la sua presenza è maggiormente percepita, rivelando quanto si sia ancorati alla vita più di quanto si pensa e rendendo consapevoli della forza racchiusa in ognuno di noi. Ciò è stato efficacemente testimoniato da Liliana Segre durante il suo discorso al Parlamento Europeo ed espresso con lucida chiarezza dallo stesso Ungaretti: «Non sono mai stato/ tanto/ attaccato alla vita» sono gli ultimi versi della poesia “Veglia” con cui il poeta parte dal particolare, in questo caso dalla descrizione della condizione del soldato in guerra, per estenderla a qualcosa di universale, esistenziale che coinvolge e accomuna tutti gli esseri umani. È nel descrivere la situazione in cui i soldati sono costretti a vivere, assistendo agli orrori della guerra di trincea, che Ungaretti riesce a raccontare in modo essenziale e vivido come la vita trovi sempre straordinariamente il modo di affermarsi. Una forza di cui è stata testimone anche Liliana Segre, sopravvissuta agli orrori dei campi di concentramento e alla marcia della morte, che racconta: «Come si fa? Come si fa in quelle condizioni? Perché la forza della vita è straordinaria, è questa quella che deve essere trasmessa ai giovani di oggi». Essi costituiscono degli esempi fondamentali del legame indissolubile che si instaura tra la speranza e la vita, connessione affrontata, tra le molteplici forme di espressione, anche nei fumetti. Un supereroe in particolare ne è l’esempio per eccellenza, come suggerisce lo stesso simbolo che porta stampato sul petto: Superman! Così, infatti, gli viene rivelato nel film “L’uomo d’acciaio”: «Vuol dire questo il simbolo, […] vuol dire speranza e in essa è racchiusa la fiducia profonda nel potenziale che ogni persona ha di essere una forza per il bene». Proprio come Superman, in quanto extraterrestre cresciuto fin dall’infanzia dalla coppia umana di contadini Jonathan e Martha Kent, tutti cerchiamo fin da piccoli il nostro posto nel mondo, il motivo e lo scopo per cui ci troviamo sulla Terra. Il senso della propria vita e dello stare al mondo Superman lo trova ed è proteggere la Terra, i suoi cari e gli umani. L’aspetto più interessante del suo personaggio però consiste nel modo attraverso cui ottiene tale proposito ovvero sperimentando i propri limiti e votando la sua esistenza al bene. Questo supereroe è una figura che rappresenta lo stimolo alla ricerca interiore personale, su chi egli sia davvero e su chi voglia diventare, spinto sempre dalla speranza di poter rendere il mondo un posto migliore, attingendo a quella forza straordinaria custodita dentro di sé e pronta ad emergere che è la vita.